Lo Sviluppo dell’economia industriale e manifatturiera in una determinata regione dipende da molteplici fattori rappresentati per lo più dalla morfologia del territorio, dalla presenza di un sistema infrastrutturale efficiente e dalla disponibilità di materie prime ed energia. Per la sua natura montuosa, l’Abruzzo del 1800 verteva in una condizione di grande arretratezza ed isolamento. Inoltre, come per il resto dell’Italia, la scarsità di carbone, principale fonte di energia, rendeva impossibile l’avvio di qualsiasi processo produttivo.
A titolo esemplificativo, in una prima indagine commissionata dal Governo negli anni 1870-1874, le Camere di Commercio dell’Aquila, Chieti e Teramo definirono le realtà produttive abruzzesi “irrazionali ed empiriche” e tra queste solo alcune avevano una certa visibilità a livello nazionale. I casi degni di nota riguardano l’industria del vetro (Ditta Forcioni di Chieti), per la produzione di saponi (Giuseppe Colalè di Lanciano e Giosuè Mammarella di Bucchianico) insieme con le produzioni di alcolici e loro derivati (Fratelli Toro di Tocco da Casauria).
Nella realtà l’Abruzzo del 1800 appariva in parte ancora come una regione frammentata, sofferente per l’isolamento determinato alla complessa morfologia territoriale, nella quale persistevano fenomeni di estremo disagio sociale (Brigantaggio) ed economie basate sulla pratica armentizia.